David Copperfield

Il brano antologizzato riguarda la terribile morte della prima moglie di David, Dora, che viene a mancare a causa di un aborto spontaneo.

Tento di trattenere le lacrime e di rispondere: «Oh, Dora, amor mio, eri adatta come lo ero io per essere un marito!»
«Non lo so,» e scuote ancora i riccioli come un tempo. «Forse! Ma se fossi stata più adatta al matrimonio, avrei reso più adatto anche te. Inoltre tu sei intelligente, e io non lo sono mai stata.»
«Siamo stati molto felici, Dora mia dolce.»
«Sono stata molto felice, molto. Ma, col passar degli anni, il mio caro ragazzo si sarebbe stancato della sua moglie-bambina. Sarebbe stata sempre meno un compagno per lui. E lui avrebbe sentito sempre più quello che mancava nella sua casa. Non sarebbe migliorata. È meglio che sia andata così.»
«Oh, Dora, cara, cara, non dirmi queste cose. Ogni tua parola mi sembra un rimprovero!»
«No, nemmeno una sillaba!» mi risponde baciandomi. «Oh, caro, non lo meriti, e io ti amo troppo per dirti una sola parola di rimprovero, davvero: è tutto il merito che ho avuto oltre al fatto di essere graziosa… o almeno tu mi consideravi tale. C’è molta solitudine da basso, Doady?»
«Tanta! Tanta!»
«Non piangere! C’è ancora la mia sedia?»
«Al suo solito posto.»
«Oh, come piange il mio povero ragazzo! Zitto, zitto! Adesso fammi una promessa. Voglio parlare ad Agnes. Quando scendi, dillo ad Agnes e mandamela su; e mentre le parlo non lasciar venire nessuno, nemmeno la zia. Voglio parlare solo ad Agnes. Voglio parlare ad Agnes da sola.»
Le prometto che verrà subito; ma, nel mio dolore, non posso lasciarla.
«Ho detto che è meglio che sia andata così!» mi mormora tenendomi fra le braccia. «Oh, Doady, fra qualche anno tu non avresti amato la tua moglie-bambina più di quanto la ami adesso; e dopo qualche anno ancora lei ti avrebbe così messo alla prova e deluso che tu non saresti stato capace di amarla nemmeno la metà di adesso! So che ero troppo giovane e stupidella. È molto meglio che sia andata così!»
Quando scendo in salotto, Agnes è lì; le comunico il messaggio. Scompare lasciandomi solo con Jip.
La sua pagoda cinese è accanto al fuoco; lui vi è sdraiato dentro, sul suo letto di flanella, tentando
lamentosamente di dormire. La luna brilla luminosa nell’alto. Mentre guardo fuori nella notte, le lacrime mi cadono copiose e il mio indisciplinato cuore è castigato duramente… molto duramente.
Mi siedo accanto al fuoco pensando con un sordo rimorso a tutti i segreti sentimenti che ho nutrito durante il mio matrimonio. Penso a ogni piccola cosa intervenuta fra me e Dora, e capisco la verità che di piccole cose è formata la nostra vita. Sempre risorge dal mare dei ricordi l’immagine della cara fanciulla quale l’avevo conosciuta dapprima, aggraziata dal mio giovane amore e dal suo, con tutte le magie di cui questo amore è ricco. Sarebbe stato davvero meglio se ci fossimo amati come due fanciulli e ci fossimo poi dimenticati? Indisciplinato cuore, rispondi!
Non so come il tempo trascorra; finché sono richiamato a me dal vecchio compagno della mia moglie-
bambina. Più inquieto del solito, si trascina fuori della sua casa, e mi guarda, e va incerto alla porta, e uggiola per salire.
«Non stanotte, Jip! Non stanotte!»
Torna molto lentamente verso di me, mi lecca la mano e alza verso il mio volto i suoi occhi appannati.
«Oh, Jip! Forse non avverrà mai più!»
Si abbandona ai miei piedi, si allunga come per dormire, e, con un grido lamentoso, muore.
«Oh, Agnes, guarda qui!»
…Quel volto, così pieno di pietà e di dolore, quel fluire di lacrime, quel terribile, silenzioso appello a me,
quella mano solenne levata verso il cielo!

Charles Dickens

Carlo Carducci

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