Oblomov

“Atteggiamento di apatica e fatalistica indolenza, assunto come caratteristica emblematica della generazione russa anteriore all’abolizione della schiavitù della gleba (1861)”: questa è la definizione che il vocabolario Treccani attribuisce al termine “oblomovismo”. L’origine di questa parola (e, dunque, dello stesso concetto) risale al romanzo Oblomov redatto da Ivan Aleksandrovič Gončarov. È lo stesso autore ad utilizzare la parola “oblomovismo”, come vediamo nel brano antologizzato.

«Ebbene», rispose Oblomov, «che altro dovrei raccontare?… è tutto qui!… Gli invitati si ritirano nelle stanze per gli ospiti, nelle ali della casa e nei padiglioni, e l’indomani se ne andranno ognuno per suo conto: uno va a pescare, un altro prende il fucile, e c’è anche chi semplicemente rimane in casa».
«Rimane in casa così, semplicemente, senza metter mano a niente?».
«A che vuoi che metta mano? Al fazzoletto, forse. Perché, non piacerebbe anche a te vivere così?», chiese
Oblomov. «Eh? Non ti pare vita, questa?».
«Un’esistenza così per sempre?», chiese Stolz.
«Fino ad avere i capelli bianchi, fino alla tomba. Questa è vita!».
«No, questa non è vita».
«Come non è vita? Cosa le manca? Pensa un po’: non vedresti mai un viso pallido e sofferente; niente
preoccupazioni, niente discorsi riguardanti il senato, la borsa, le azioni, i rapporti, le consultazioni del ministro, le promozioni, gli aumenti di indennità. Ma sempre conversazioni su quel che più ti va a genio! Non avresti mai bisogno di cambiare casa: e già vuol dire tanto! Dunque, non è vita questa?».
«Non è vita!», ripeté cocciuto Stolz.
«Che cos’è allora, secondo te?».
«È… (Stolz rimase un momento pensieroso, alla ricerca del nome da dare a quella vita)… è una specie di…
oblomovismo», disse infine.
«O-blo-movismo!», ripeté lentamente Il’ja Il’ič, meravigliato da quella strana parola, sillabandola: «O-blo-mo-vi-smo!».
Fissò su Stolz uno sguardo strano.
Ma qual è, secondo te, l’ideale della vita? Che cosa non è oblomovismo?», chiese titubante e senza entusiasmo.
«Forse non aspirano tutti a quello che io sogno? Ma via!», aggiunse più ardito. «La meta finale di tutto il vostro correre di qua e di là, delle vostre passioni, delle vostre guerre, dei vostri traffici e della vostra politica, non è forse la tranquillità, non è l’aspirazione a questo ideale di paradiso perduto?».
«Anche la tua utopia è oblomovistica», obiettò Stolz.
«Tutti cercano il riposo e la tranquillità», si difese Oblomov.
«Non tutti; e tu stesso, una decina di anni fa, non cercavi questo nella vita».
«E cosa cercavo?», domandò perplesso Oblomov, perduto nei ricordi del passato.
«Ricordalo, pensaci. Dove sono i tuoi libri, le traduzioni?».

Ivan Aleksandrovič Gončarov

Carlo Carducci

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