Le memorie di un pazzo

Gogol scrive il racconto delirante di un uomo uscito di senno: Cina e Spagna sono la stessa nazione; febbraio ha 30 giorni e gennaio lo segue nel calendario.

3 ottobre

[…]L’ho riconosciuta subito: era la carrozza del nostro direttore. Ma lui non aveva motivo d’entrare in quel negozio, ho pensato; di certo è sua figlia. Mi sono addossato al muro. Il lacchè ha aperto gli sportelli e lei è svolazzata fuori dalla carrozza come un uccellino. Che occhiate ha dato a destra e a sinistra, che balenio di ciglia e di occhi… Signoriddio! Ero perduto, completamente perduto. E perchè poi lei era uscita con un tempo così piovoso? E va’ poi a raccontare che le donne non perdono la testa per tutti quegli stracci! Lei non mi ha riconosciuto, e del resto anch’io di proposito mi sono imbacuccato il più possibile, perchè avevo indosso un cappotto molto sudicio e poi di vecchio taglio. Adesso si portano i mantelli con il collo a scialle, mentre il mio è abbottonato sino in cima; e poi anche la stoffa non è affatto buona. La sua cagnetta, che non aveva fatto in tempo a infilare la porta del negozio, è rimasta sulla strada. Conosco questa cagnetta. Si chiama Meggy. Stavo lì appena da un minuto quando, a un tratto, sento una vocina sottile: «Salve, Meggy.» Questa si che era bella! Chi aveva parlato? Mi sono guardato in giro e ho visto due signore che camminavano sotto a un ombrello: una vecchia, l’altra abbastanza giovane; ma loro erano già passate e vicino a me ho udito di nuovo: «Guai a te, Meggy!» Che razza di diavolo! Allora ho visto che Meggy annusava l’altra cagnetta che seguiva le signore. Eh! mi son detto; questo è troppo, non sarò ubriaco? Davvero, per quanto mi risulta questa è una cosa che mi succede molto di rado. «No, Fidèle, fai male a pensare così», e io con i miei occhi ho visto che era Meggy a parlare. «Sono stata, bau! bau! Sono stata, bau, bau, bau! molto ammalata.» Ah, razza di cagnetta! Confesso d’essermi molto stupito a sentirla parlare nella lingua degli uomini. Ma poi, quando ho ragionato per bene su tutto questo, ho cessato di meravigliarmi. Effettivamente, al mondo ci sono già stati parecchi esempi del genere. Si dice che in Inghilterra sia venuto a galla un pesce il quale ha detto due parole in una lingua stranissima che da tre anni ormai gli scienziati si sforzano di decifrare, ma finora non hanno scoperto nulla. Sui giornali ho letto anche di due vacche che sono entrate in un negozio e hanno chiesto una libbra di tè. Ma, lo confesso, mi sono meravigliato molto di più quando Meggy ha detto: «Io ti ho scritto, Fidèle; di certo Polkan non ha portato la mia lettera!» Che non riceva lo stipendio se in vita mia avevo mai sentito che un cane potesse scrivere. Solo un nobile può scrivere correttamente. Sì, naturale, anche certi mercanti e persino i servi della gleba talvolta scrivono, ma il loro scrivere per lo più è meccanico: nè virgole, nè punti, nè stile.

Anno 2000, 43 aprile

Oggi è una giornata di immenso trionfo! In Spagna c’è un re. È stato trovato. Questo re sono io. L’ho saputo solo oggi. Confesso che, di colpo, è stato come se avessi avuto un’illuminazione. Non capisco come abbia potuto immaginarmi di essere un consigliere titolare. Come mi sia passato per il capo un pensiero così stravagante. Meno male che nessuno ha pensato allora di mettermi in manicomio. Adesso tutto è chiaro dinanzi a me. Adesso vedo tutto come sul palmo della mano. Mentre prima, io non capisco, prima tutto mi stava davanti come in una nebbia. E tutto questo, credo, avviene perchè gli uomini credono che il cervello umano si trovi nella testa; nient’affatto: lo porta il vento dalla parte del Mar Caspio. Dapprima ho annunciato a Mavra chi sono io. Quando ha sentito che dinanzi a lei stava il re di Spagna, ha battuto le mani e per poco non moriva dalla paura. Stupida, lei non ha mai visto il re di Spagna. Io, tuttavia, ho cercato di tranquillizzarla e con parole affettuose ho cercato di assicurarla circa i miei sentimenti, e che non me la sarei presa se certe volte lei mi ha pulito male le scarpe. Questa infatti è plebaglia. A loro non si può parlare di argomenti elevati. Lei si è spaventata, perchè è convinta che tutti i re in Spagna assomigliano a Filippo II. Ma io le ho spiegato che fra me e Filippo non c’è nessuna affinità e che io non ho nemmeno un cappuccino … Al ministero non sono andato. Al diavolo anche quello! No, amici, adesso non mi attirate più; non mi metterò a copiare le vostre schifose carte!

Madrid, 30 febbraio

E così sono in Spagna e tutto è successo così rapidamente che ho fatto appena in tempo a fiatare. Questa mattina si sono presentati da me i deputati spagnoli e sono salito con loro in carrozza. M’è sembrata strana l’insolita velocità. Andavamo così lesti che in mezz’ora abbiamo raggiunto la frontiera spagnola. Del resto, adesso in tutta l’Europa ci sono strade ferrate e i treni viaggiano velocissimi. Strano paese la Spagna: quando siamo entrati nella prima stanza ho visto una quantità di persone con la testa rapata. Però ho intuito che dovevano essere domenicani o cappuccini, perchè loro si rapano la testa. Mi è sembrato molto strano il modo di fare del cancelliere di stato, che mi ha preso per mano, mi ha spinto in una piccola stanza e ha detto: «Siediti qui, e se seguiti a raccontare di essere il re Ferdinando, te la levo io la voglia.» Ma io, sapendo che quello era solamente un modo per tentarmi, ho risposto picche, per la qual cosa il cancelliere mi ha battuto due volte sulla schiena con un bastone e in modo così doloroso che per poco non lanciavo un grido, ma mi sono trattenuto ricordando che si tratta d’un uso cavalleresco quando si assurge a un alto titolo, giacchè in Spagna sono ancor oggi in vigore gli usi cavallereschi. Rimasto solo, ho deciso di occuparmi degli affari di stato. Ho scoperto che la Cina e la Spagna sono la stessa identica terra e solo per ignoranza li considerano due stati diversi. Consiglio a tutti di provare a scrivere su un pezzo di carta «Spagna» : verrà fuori «Cina». Mi ha tuttavia straordinariamente amareggiato un avvenimento che deve aver luogo domani. Domani alle sette si compirà uno strano fenomeno: la terra si poserà sulla luna. Ne scrive anche il celebre chimico inglese Wellington. Confesso che mi sono sentito stringere il cuore considerando l’insolita morbidezza e la fragilità della luna. La luna infatti di solito viene fatta ad Amburgo, e vien fatta malissimo. Mi stupisco come l’Inghilterra non se ne interessi. La fa un bottaio zoppo ed è evidente che quel cretino non ha nessuna nozione della luna. Adopera del catrame e olio; per questo su tutta la terra c’è un lezzo terribile, tanto che bisogna tapparsi il naso. E per questo che la luna stessa è un globo così tenero che gli uomini non possono viverci e adesso lassù ci vivono solamente i nasi. E per questo anche che noi non possiamo vedere i nostri nasi, giacchè si trovano tutti sulla luna. E quando ho considerato che la terra è una materia pesante e, posandosi, può schiacciare i nostri nasi, mi ha preso un’inquietudine tale che, infilatemi calze e scarpe, sono corso nella sala del consiglio di stato per dare ordine alla polizia di non autorizzare la terra a posarsi sulla luna. I cappuccini, di cui ho trovato un gran numero nella sala del consiglio di stato, erano gente molto intelligente, e, quando ho detto: «Signori, salviamo la luna, perchè la terra vuole posarsi su di lei», all’istante si sono precipitati tutti a eseguire la mia sovrana volontà e molti si sono arrampicati sul muro allo scopo di agguantare la luna, ma in quel momento è entrato il grande cancelliere. Vedendolo, tutti sono scappati via. Io, in quanto re, sono rimasto solo. Ma, con mia meraviglia, il cancelliere mi ha colpito con il bastone e mi ha cacciato nella mia stanza. Tanto potere ha ancor oggi in Spagna l’usanza popolare.

Gennaio dello stesso anno, che vien dopo febbraio

Non riesco ancora a capire che razza di paese sia la Spagna. Le usanze e l’etichetta di corte sono assolutamente insolite. Non capisco, non capisco, proprio non capisco. Oggi mi hanno rapato la testa sebbene gridassi con tutte le forze che non desideravo farmi monaco. Ma non sono più capace di ricordare che cosa ne è stato di me quando hanno cominciato a versarmi sulla testa dell’acqua fredda. Un inferno simile non l’avevo ancora mai provato. Ero lì lì per montare su tutte le furie, tanto che a fatica potevano trattenermi. Non capisco assolutamente il significato di questa strana usanza. Usanza stupida, insensata! Mi è incomprensibile l’irragionevolezza dei re, che ancora non l’aboliscono. A giudicare da tutte le apparenze, credo di indovinare, forse sono caduto nelle mani dell’Inquisizione e quello che ho preso per il cancelliere forse è il grande inquisitore. Solamente non riesco ancora a capire come il re possa esser sottomesso all’Inquisizione. È vero che potrebbe essere una cosa che viene dalla Francia, e probabilmente da Polignac. Oh, quella bestia di Polignac! Ha giurato di danneggiarmi mortalmente. Ed ecco che mi perseguita e mi perseguita, ma io lo so, amico bello, che è l’inglese che ti guida. L’inglese è un gran politico. S’intrufola dappertutto. È ormai universalmente noto che quando I’Inghilterra fiuta il tabacco, la Francia starnuta.

Giorno 25

Oggi il grande inquisitore è venuto nella mia stanza, ma io, avendo sentito da lontano i suoi passi, mi sono nascosto sotto una sedia. Vedendo che non c’ero, lui ha cominciato a chiamarmi. Prima ha gridato: «Poprišèìn!» e io, neanche una parola. Poi: «Aksèntij Ivànoviè! Consigliere titolare! Nobile!» Io, sempre zitto. «Ferdinando VIII, re di Spagna!» Avrei voluto cacciar fuori la testa, ma poi ho pensato: no, bello, non me la fai! Ti conosco, mascherina: mi vuoi versare di nuovo dell’acqua fredda sulla testa. Lui però mi ha visto e col bastone mi ha fatto uscire di sotto la sedia. Quel maledetto bastone colpisce in una maniera incredibilmente dolorosa. Comunque, di tutto questo mi ha ricompensato la scoperta che ho fatto oggi: sono venuto a sapere che ogni gallo ha una Spagna e che essa si trova sotto le sue penne. Il grande inquisitore, tuttavia, se n’è andato furibondo, minacciandomi chissà che castigo. Ma io non ho fatto assolutamente caso alla sua rabbia impotente, sapendo che lui agisce come una macchina, come uno strumento degli inglesi.

Li 34 slo Mc gdao febbraio 349

No, non ho più la forza di sopportare. Dio! che cosa fanno di me! Mi versano in testa acqua fredda. Non mi ascoltano, non mi vedono, non mi danno retta. Che cosa gli ho fatto? Perchè mi torturano? Che cosa vogliono da me, poveretto? Che cosa posso dargli? Io non ho niente. Non ho la forza, non posso sopportare tutte le loro torture, la testa mi brucia e tutto mi gira intorno. Salvatemi! Portatemi via! Datemi una trojka di cavalli veloci come il vento! A cassetta, mio cocchiere; tintinna, mia campanella; impennatevi, cavalli, e portatemi via da questo mondo! Lontano, più lontano, che non si veda nulla, nulla. Ecco che il cielo turbina davanti a me; lontano brilla una stellina; sotto di me corre la foresta con gli alberi scuri e con la luna; una nebbia bluastra si stende sotto i miei piedi; nella nebbia, vibra una corda; da una parte c’è il mare, dall’altra l’Italia; ecco che si vedono anche le isbe russe. È la mia casa quella che azzurreggia lontano? È mia madre quella che siede alla finestra? Mamma, salva il tuo povero figliolo! Versa una lacrimuccia sulla sua testolina malata! Guarda come lo torturano! Stringi al petto il tuo povero orfanello! Non c’è posto per lui al mondo! Lo perseguitano! Mammina! abbi pietà del tuo bambino malato!… Ma lo sapete che il re di Francia ha un bernoccolo proprio sotto il naso?

Gogol

Treccani Enciclopedia Online

Gogol (Janovskij Nikolaj Vasil’evič), “I racconti di Pietroburgo

Carmen Troiano

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