La peste nei classici greci

Omero e Tucidide raccontano, con dovizia di particolari, l’insorgere e l’evolversi della peste.

I muli colpiva in principio e i cani veloci,

ma poi mirando gli uomini la freccia acuta

lanciava, e di continuo le pire dei morti ardevano, fitte.

Ritorneremo indietro, purché sfuggiamo alla morte,

se guerra e peste insieme abbatton gli Achei

[…] forse, dal fumo d’agnelli, di capre accettevoli

Saziato, vorrà stornare il flagello da noi.

Omero

Il corpo, a toccarsi esteriormente, non era né troppo caldo né pallido, ma rossastro, livido, fiorito di piccole pustole e ulcere; […] la maggior parte morivano dopo nove o sette giorni per l’ardore interno, ancora in possesso di qualche forza; oppure, se scampavano, con lo scendere della malattia negli intestini, e col prodursi di una forte ulcerazione e il sopraggiungere di una diarrea violenta, i più morivano in seguito, sfiniti per questa ragione. 

Tucidide

Treccani Enciclopedia Online

Omero, Iliade, (trad. it. Con testo a fronte di Rosa Calzecchi Onesti, Enaudi, Torino 1972, p. 3)

Tucidide op. cit, libro II, 48, 1 e 49, 5-6, pp.341-343

Carmen Troiano

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *