Psichiatra sull’orlo di una crisi (e di un viadotto)


Un incidente che fa rivivere istante per istante la propria vita, un misterioso omicidio e gli intrecci tra i protagonisti sono gli ingredienti del giallo di Enrico Baraldi.

 

“Psicofarmaci agli Psichiatri” potrebbe sembrare uno slogan di ribellione contro gli eccessi della farmacologizzazione delle malattie mentali, di cui alcuni medici sono sostenitori. E’ invece il titolo di un romanzo di Enrico Baraldi (che psichiatra è: lavora a Mantova come responsabile del Centro Psicosociale) che ha come protagonista un altro psichiatra, il quale per una volta non deve ripercorrere la vita degli altri ma la propria, visto che sta precipitando con la sua auto da un viadotto dopo avere sfondato il guard-rail e che i fotogrammi che gli scorrono davanti raccontano la storia della sua personale crisi esistenziale e professionale. Con lui, sono protagonisti del libro edito da Stampa Alternativa nella collana Eretica, non nuova a incursioni nel territorio di confine tra malattia e narrativa, due donne, un anziano e sovversivo dottore che predica la fratellanza terapeutica e l’abolizione dei farmaci, un perverso scienziato ostaggio dell’industria farmaceutica.

Il libro è un giallo in cui si parla di un misterioso omicidio. Ma anche un’evidente metafora di alcune irrisolte contraddizioni delle scienze della mente.

 

Marco Ferrazzoli

 

Enrico Baraldi, “Psicofarmaci agli Psichiatri” (Stampa Alternativa, 2007)

Come diventare un malato di mente


La penna dell’autore dà vita ad un’ironica e al tempo stesso scientificamente rigorosa guida, per riflettere sul confine tra salute e malattia mentale.

l titolo è volutamente provocatorio: la malattia mentale – viene da obiettare – è un fato ineluttabile, una disgrazia cui non ci si può opporre, mai una scelta. Invece questo psichiatra di Coimbra, che in Portogallo ha pubblicato ben 12 edizioni del suo saggio, sostiene che fobie, schizofrenia, depressione, possono anche essere una deriva perseguita come “carriera”. Dietro l’ironia, si nasconde una verità ignota solo a chi non si è mai dovuto o voluto avvicinare ai margini di quella immensa palude che è la malattia mentale. Da un lato, atteggiamenti che consideriamo caratteriali e culturali, come l’essere comunisti, fascisti o democratici, timidi, gelosi o erotomani, coincidono almeno fenomenologicamente con alcuni stati di alterazione; dall’altro, i sintomi che diagnostichiamo in molte patologie sono presenti anche in persone “normali”, seppure in momenti particolari, e comunque possono essere da queste esternati volontariamente. Ma soprattutto, non è possibile stabilire tra sani e malati una relazione che abbia possibilità curative se non si accetta davvero lo stato problematico dei secondi. Un po’ come nel paradosso di tante scenette comiche, nelle quali il “matto” non può essere tale se ne ha coscienza, quindi proprio chi non si dichiara tale è più imputato di follia. Ma c’è poco da ridere, si tratta invece di temi su cui riflettere.


Marco Ferrazzoli


Josè Luìs Pio Abreu, “Come diventare un malato di mente” (Voland, 2002)

https://www.voland.it/libro/9788888700380