L’informatico che sapeva troppo (presto)

Un saggio ”romanzato” sulle vicende della breve e straordinaria vita di Alan Turing, le cui intuizioni non smettono di sorprendere, anche dopo decenni, e di rivelare nuove strade per la scienza.

Il binomio genio-sregolatezza, forse follia, affascina sempre. Quello tra un grande scrittore e un grande personaggio realmente esistito, pure. Ecco dunque due buone ragioni per farsi vincere dal saggio, forse anche un po’ romanzo, che David Leavitt ha dedicato ad Alan Turing: “L’uomo che sapeva troppo”, titolo volutamente allusivo alla giallistica, che la copertina (una cornetta telefonica che penzola misteriosa) rimarca efficacemente. Turing è l’uomo che ha inventato il computer o, meglio, che lo ha intuito, lo ha precorso, gettando le basi dell’intelligenza artificiale quando ancora i pc erano molto lontani. Tra le altre cose, tanto per dare un’idea della sua statura intellettiva, Turing durante la Seconda guerra mondiale riuscì a violare il celeberrimo codice Enigma, creato dai tedeschi per le loro comunicazioni cifrate. Sospettato di attività sovversivo-spionistiche, accusato di atti osceni e omosessualità, suicidatosi in età ancora giovanile e in ‘circostanze misteriose’, tanto per usare una espressione tipica del noir, Turing è insomma un uomo la cui storia ha molte ragioni di attrattiva. E che ha colpito un maestro della letteratura americana come Leavitt, critico e storico nonché romanziere (tradotto in Italia da Mondadori), il quale ce ne rende la vicenda in uno stile asciutto, reso in modo molto pulito dalla traduzione di Carolina Sargian.

Marco Ferrazzoli

David Leavitt, “L’uomo che sapeva troppo” (Codice, 2007)

https://www.codiceedizioni.it/libri/alan-turing-l-uomo-che-sapeva-troppo/

Francesca Blasi

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