Discutibile, disgustosa, inammissibile pedofilia

Dal sito dell’Associazione Culturale Clara Maffei la recensione di un pamphlet intitolato “Vanessavirus”, dedicato alla vicenda di Gabriel Matzneff. Lo scrittore francese, molti anni dopo i fatti, è stato accusato di pedofilia da Vanessa Springora, all’epoca quattordicenne, con la quale aveva intrattenuto una relazione nonostante i circa 40 anni di differenza di età. Lo scrittore, braccato dalla polizia francese, si è rifugiato in Italia, dove ha dato alle stampe la propria versione della vicenda, il pamphlet è stato tradotto da Giuliano Ferrara e pubblicato da Liberilibri. Un’operazione che viene definita “quantomeno discutibile”. Quello che ci interessa qui è però l’uso del suffisso “virus” per attualizzare la vicenda ai tempi della pandemia e ricalcare il frequente uso del riferimento morale, sociale o cultural ai contagi


La frequente considerazione secondo la quale i nostri atteggiamenti istintivi andrebbero subordinati al ragionamento incontra nella pedofilia una delle contraddizioni più pesanti. Sul tema del rapporto sessuale con bambini, infatti, sembra conveniente far prevalere il pregiudizio culturale del divieto assoluto anziché imbarcarsi in disquisizioni teoriche che rischiano di aprire derive permissive pericolosissime. Detto ciò, è altrettanto evidente che qualunque condanna senza appello e, in qualche modo, senza neppure processo rischia anch’essa di dare il “la” a pericolose tentazioni colpevoliste e forcaiole, contraddicendo i fondamentali del nostro stato di diritto.

Quanto la questione sia complessa lo hanno attestato di recente due operazioni culturali. La prima è la docu-fiction di Amazon “Veleno”, che ha riportato alla luce una vicenda giudiziaria svoltasi a fine millennio scorso nella bassa modenese e che giornalisticamente prese il titolo di “diavoli”, termine attribuito ai genitori e agli adulti accusati presunti abusi su bambini. Le condanne e le conseguenze furono pesantissime: 16 figli furono allontanati dai loro genitori; il sacerdote considerato il vertice della squallida cupola di pervertiti morì di infarto mentre si trovava nello studio del suo legale, dopo avere assistito alla requisitoria con la quale lo si accusava di vomitevoli nefandezze; una delle mamme accusate si tolse la vita, dichiarando nell’ultimo messaggio la propria innocenza. Le vite di tutte le persone coinvolte sono state distrutte per sempre.

Alcuni anni dopo un giornalista, Pablo Trincia, decise di dedicare a questa vicenda un’attenzione fuori dal comune che produsse un reportage audio nel quale tutta la conduzione della vicenda da parte della magistratura e degli assistenti sociali fu illuminata nelle sue non poche zone d’ombra, tanto che l’esito finale del lavoro del cronista è tendenzialmente innocentista. Ora il lavoro di Trincia, già pubblicato in podcast da Repubblica, è stato trasformato da Amazon in una docu-fiction seriale di grande efficacia, come sempre nei prodotti di questo broadcaster. La percezione che tutto il castello costruito sui “diavoli della bassa modenese” poggiasse su fondamenta fragilissime si è ulteriormente rafforzata, grazie anche alle ampie e approfondite testimonianze rese dai genitori e dagli adulti le cui vite sono state sconvolte dalle testimonianze di alcuni bambini. 

Uno di questi ex bambini, dalle cui accuse si montò la terribile vicenda, di recente ha confessato di essersi inventato tutto, dicendo di essere stato plagiato da inquirenti e assistenti sociali che gli rivolgevano le domande. La vicenda resterà probabilmente in sospeso, ma resta anche l’ammonimento a osservare la massima cautela nel momento in cui si mettono sotto inchiesta delle persone per questo terribile reato. Molto diversa invece la vicenda di Gabriel Matzneff, uno scrittore francese accusato molti anni dopo i fatti da Vanessa Springora, la donna all’epoca quattordicenne con la quale lo scrittore intrattenne una relazione nonostante i circa 40 anni di differenza di età. Lo scrittore è braccato dalla polizia francese e si è rifugiato in Italia, dove ha dato alle stampe la propria versione della vicenda con un pamphlet intitolato “Vanessavirus”, tradotto da Giuliano Ferrara e pubblicato da Liberilibri. Questa operazione, che segue la pubblicazione francese avvenuta a spese dello stesso Marzneff in duecento copie vendute anche a 600 euro ciascuna, è quantomeno discutibile. La linea decisamente liberale dell’editore e del fondatore del Foglio sono state senz’altro meritorie, in più occasioni nelle quali il conformismo culturale e il mainstream mediatico lasciavano ben poco spazio alle voci controcorrente. 

In questo caso, però, la solidarietà concessa mediante il diritto di parola a un uomo che è reo confesso di avere praticato e predicato la libertà di amore e di sesso anche con minorenni appare una sorta di mossa elitaria, un po’ come quella che ha a lungo coperto – perlomeno mediante l’omertà, la mancanza di condanna aperta – i registi Roman Polanski e Woody Allen quando sono stati toccati da accuse di comportamenti riprovevoli. Ricordiamo un precedente, quello di Marcello Baraghini che con la sua Stampa Alternativa pubblicò a suo tempo il “Diario di un pedofilo” scritto da William Andraghetti: anche in quel caso la motivazione liberal-radicale fu che a tutti va concesso il diritto di parola e di difendersi.

Il terreno è infido, il rischio di una caccia all’untore sempre dietro l’angolo. Ma la cautela non può in alcun modo diventare giustificazione di una presunta libertà che si traduce in un abuso traumatizzante che le vittime portano come una ferita non più rimarginabile per tutto il resto della loro vita. In questi tempi di pandemia il tema di come debbano essere interpretate le libertà è tornato di un’attualità imprevedibile, non è più soltanto oggetto di un dibattito intellettuale ma una questione molto pratica e concreta. Proprio perché le siamo fedeli in modo appassionato, pensiamo che la bandiera della Libertà debba essere sì sempre sventolata, ma anche protetta da possibili strappi quando il vento soffia troppo forte.

Lorenzo Stella


Fonte: Associazione Clara Maffei


“Veleno”, docu-fiction di Amazon

Denise De Santana

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