Don Chisciotte

Il brano antologizzato è tratto dall’inizio del romanzo: Don Chisciotte impazzisce immergendosi nei mondi possibili dell’universo cavalleresco: egli decide di divenire un cavaliere in piena età moderna, divenendo l’eroe anacronistico per eccellenza.

Cosicché per il poco dormire e per il molto leggere gli si prosciugò il cervello, in modo che venne a perdere il giudizio. La fantasia gli si riempì di tutto quel che leggeva nei libri, sia d’incantamenti che di litigi, di battaglie, sfide, ferite, di espressioni amorose, d’innamoramenti, burrasche e buscherate impossibili. E di tal maniera gli si fissò nell’immaginazione che tutto quell’edifizio di quelle celebrate, fantastiche invenzioni che leggeva fosse verità, che per lui non c’era al mondo altra storia più certa. […] Col senno ormai bell’e spacciato, gli venne in mente pertanto il pensiero più bislacco che mai venisse a pazzo del mondo; e fu che gli parve opportuno e necessario, sia per maggiore onore suo come per utilità da rendere alla sua patria, farsi cavaliere errante, ed andarsene armato, a cavallo, per tutto il mondo in cerca delle avventure e a provarsi in tutto quello che aveva letto essersi provati i cavalieri erranti, spazzando via ogni specie di sopruso, e cacciandosi in frangenti ed in cimenti da cui, superandoli, riscuotesse rinomanza e fama immortale. Già si vedeva il poveretto coronato dal valore del suo braccio, Imperatore di Trebisonda per lo meno; e quindi, rivolgendo in mente così piacevoli pensieri, rapito dal singolare diletto che vi provava, si affrettò a porre in opera il suo desiderio. E la prima cosa che fece fu di ripulire certe armi appartenenti ai suoi avi, che, arrugginite e tutte ammuffite, da secoli e secoli erano state messe e dimenticate in un canto. Le ripulì e le rassettò meglio che poté, ma vide che avevano un grave difetto; non c’era una celata con la baviera a incastro, ma solo un semplice morione. A questo però supplì la sua ingegnosità, poiché con certi cartoni fece una specie di mezza celata che, incastrata col morione, faceva la figura di una celata intera.

Miguel de Cervantes

Fonte: Corrado Bologna, Paola Rocchi, Fresca Rosa Novella, vol. 2 A, pp. 155-156.

Carlo Carducci

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