Conclavi ed epidemie a Roma nel XIII secolo

Fino agli inizi del XX secolo si riteneva che Roma nell’età medievale fosse una città profondamente condizionata da ricorrenti epidemie estive di malaria che falcidiavano la popolazione e condizionavano la crescita economica e sociale della città. L’immagine dei fasti d’epoca repubblicana e imperiale era un lontano ricordo e la sede della curia papale era infestata da malattie che mettevano a repentaglio la vita dei cittadini. Proprio la corte papale elaborò una rudimentale forma di prevenzione inaugurando dei viaggi estivi verso zone del Lazio più salubri. In realtà, grazie anche a recenti studi epidemiologici sulla malaria urbana nelle città africane, non doveva trattarsi di epidemie vere e proprie ma di endemie che caratterizzavano solo alcune zone della città. Inoltre erano ben più soggetti a soccombere alla malaria individui allogeni rispetto agli autoctoni, in quanto quest’ultimi sviluppavano forme di immunità alla malattia. Senza contare il letale mix tra virus malarico e altri batteri bacillari come quello della Xilella, che poteva in poco tempo uccidere una persona, che non caratterizzava di certo solo Roma ma l’intero bacino del Mediterraneo.

Un romano che fosse vissuto nel 1287, meglio se nelle vicinanze dell’Aventino o ai piedi di questo colle, avrebbe assistito certamente a una scena abbastanza curiosa. Nelle afose giornate estive di quell’anno, avrebbe avuto modo di osservare dei fumi che fuori uscivano da alcune stanze del sontuoso palazzo fortificato dei Savelli, che era stato costruito per volontà del defunto papa Onorio IV nei pressi di Santa Sabina. Chissà cosa avrebbe pensato l’attento osservatore, dopo aver riconosciuto l’artefice di queste esalazioni: non era di certo un mago ma si trattava del francescano Girolamo d’Ascoli, cardinale vescovo della sede suburbicaria di Palestrina, che si aggirava in solitudine nelle stanze del grande complesso. Infatti, l’elezione papale iniziata dopo la morte di Onorio IV era stata sospesa e una parte dei cardinali era fuggita verso altre zone del Lazio, impressionata dal numero dei confratelli morti a causa della “infermità” che aveva colpito Roma. […]

All’epoca, secondo la teoria miasmatica, si riteneva che la cattiva aria presente in estate a Roma causasse pericolose febbri e, in casi gravi, la morte. Proprio da questa credenza nacque l’espressione di “mal’aria”, utilizzata per descrivere una febbre che compariva solo d’estate e che spesso si rivelava mortale. Nel 1740, Horace Walpole fu il primo a usare questa espressione, scrivendo su “un male chiamato mal’aria, cosa orribile, che viene a Roma ogni estate”. Poi, nel XX secolo, l’univerbazione diede vita al lemma conosciuto ancora oggi come “malaria”, che sarà utilizzato definitivamente per indicare il nome della malattia. […]

È fin troppo evidente che per un cardinale era molto pericoloso affrontare un conclave a Roma d’estate. Bisogna accettare quindi l’immagine di una città condizionata da epidemie che mietevano vittime su vittime ogni estate? Se così fosse, si dovrebbe parlare di un centro urbano con costanti e gravi problemi demografici, con ovvie ripercussioni sugli aspetti sociali ed economici. […]

Si può realmente parlare di epidemie per la Roma medievale? Probabilmente sarebbe più corretto utilizzare il termine di endemie e ridimensionare la loro pericolosità, quantomeno riguardo la popolazione autoctona.

Marco Ciocchetti

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Marco Ciocchetti, “Conclavi ed epidemie a Roma nel XIII secolo”, Archivio della Società romana di storia patria, 2022

Alessia Bulla

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