Mostrami Kim

Sguardi. Emozioni. Accoglienza. La mostra fotografica “Mostrami Kim” ha acceso i riflettori sul diritto alla cura dei bambini malati.

Giovedì 1 Dicembre è stata inaugurata a Roma la mostra fotografica dal titolo “Mostrami Kim. Venticinque anni di accoglienza e di lotta per il diritto alla cura”. La mostra fotografica, aperta al pubblico dal 2 al 4 Dicembre, è stata realizzata  dall’Associazione KIM per i suoi venticinque anni di impegno al fianco dell’infanzia malata. L’allestimento a Palazzo Velli, nel magnifico quartiere Trastevere, è stato curato da Elisa Clementelli, ha raccolto opere di dieci fotografi: sguardi di professionisti e istantanee amatoriali raccolte dai volontari dell’Associazione KIM. 

Le immagini e le parole della mostra accendono i riflettori sulla condizione dei numerosi bambini italiani in stato di povertà e provenienti da Paesi in guerra o senza strutture sanitarie adeguate e per i quali – oggi – l’intervento, chirurgico o farmacologico, in un Paese come il nostro rimane l’unica speranza di vita.

La mostra è stata preceduta dalla tavola rotonda “Curare o prendersi cura?” per riflettere sul diritto alla salute dei bambini. La riflessione è stata moderata dal Dr. Marco Ferrazzoli, giornalista ed esperto di  comunicazione scientifica presso la Presidenza del Consiglio. Oltre al Presidente e fondatore dell’Associazione KIM, Paolo Cespa, erano presenti anche Fulvio Caldarelli, designer curatore e fondatore del Centro interdisciplinare di ricerca sul paesaggio contemporaneo; Elisa Clementelli, fotografa e autrice di laboratori fotografici in ambito sociale; Federica Chiara,  Presidente di Associazione LINFA contro le neurofibromatosi e ricercatrice all’Università di Padova (Istituto Veneto di Oncologia IOV-IRCCS); Antonella Guido,  Psicologa-psicoterapeuta dell’Unità Operativa di Oncologia Pediatrica e Unità Operativa Psicologia Clinica del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS; Bernadette Guarrera, educatrice, counselor familiare, e Vice Presidente e fondatrice dell’Associazione KIM. 

Le opere esposte sono di Flavia Castorina, Mimmo Chianura, Elisa Clementelli, Emiliano Gallo, Luigina Di Giampietro, Bernadette Guarrera, Omar Kheiraoui, Martino Pisanello, Laura Saviola, Elisabetta Tufarelli. L’iniziativa è sostenuta da una donazione del Circolo Dipendenti Quirinale.

L’Associazione KIM è nata nel 1997 per dare una risposta concreta all’emergenza sanitaria di bambini gravemente malati che abbiano bisogno di un intervento tempestivo. L’associazione KIM ha sviluppato un percorso che, dal primo contatto, porta alla cura del bambino in diverse fasi: un modello di accoglienza e di cura che non si limita alla sola ospitalità, ma che prevede l’assistenza dei piccoli pazienti in durante il ricovero, nei periodi convalescenza nel centro d’accoglienza o, una volta tornati a casa, nel proprio Paese d’origine. Tutto ciò è reso possibile lavorando in rete con ospedali, associazioni e istituzioni.

Riferimenti:

Vecchio a chi?

La giovanilistica società di oggi influenza il nostro modo di percepire la “terza età”: da fase esistenziale della saggezza e dell’agognato riposo, conquistato dopo anni di lavoro, è talvolta temuta come momento di decadimento fisico, solitudine, disagio per la mancanza di autonomia. Anche a causa dell’aumento della longevità e dell’età media. Tuttavia, i progressi della medicina dovrebbero farci affrontare questo periodo con più serenità rispetto al passato


“A Peppì nun me coprì quelle rughe che c’ho messo tanto tempo a falle!”. Anna Magnani, emblema del cinema neorealistico, sul set così si rivolse a un truccatore, confermando il suo personale modo di intendere l’arte come vita, oltre a un carattere schietto, capace di guardare in faccia la realtà. Tale reazione oggi suona come una beffa al dilagare dei rimedi per contrastare i segni dello scorrere del tempo sul nostro corpo e in particolare sul viso: dagli interventi chirurgici all’uso di prodotti dermatologici, alle ore dedicate all’esercizio fisico. “La paura di invecchiare è drammaticamente doversi confrontare con l’immagine che ci siamo costruiti di noi stessi e che gradualmente cambia. Questa lettura la facciamo soprattutto sul territorio di confine mondo esterno-interno che è la pelle con i suoi annessi cutanei: capelli, peli, unghie, ghiandole sudoripare, sebacee”, spiega Gennaro Spera già dermatologo del Consiglio nazionale delle ricerche. “Pensiamo ad esempio al primo segnale di invecchiamento che è l’incanutimento o in altri casi, soprattutto maschili, alla calvizie. E poi l’attenzione si accentua sulle rughe”.

Tale paura, al di là di un fatto estetico, può celare ansie più profonde come quella di essere abbandonati, di perdere l’autonomia o la gradevolezza agli occhi degli altri, finendo per essere emarginati. Tali problematiche sono racchiuse nel termine gerascofobia che interessa una popolazione sempre più ampia, anche a causa  del calo demografico e dell’aumento della popolazione nella “terza età”. In contrapposizione a questo trend, la società contemporanea esalta l’efficientismo, la carriera, il giovanilismo e il corpo fino al parossismo, mettendo in crisi anche  quella fase della vita in cui “la frenesia della vita giovanile si zittisce in riflessioni sul senso delle cose, in un riflettere che riassume una lunga esperienza e che forse arriva a rispondere alle tante domande che si suole fare in gioventù”, afferma lo scrittore Michel Houellebecq, che mette in luce la crisi di valori dell’Occidente  nel romanzo “La possibilità di un’isola” (2005 Bompiani), dove ha indagato  la relazione tra gioventù e terza età, bellezza e decadenza fisica.

Fino all’epoca preindustriale la vecchiaia era l’equivalente di saggezza, ponderatezza esperienza da elargire alle nuove generazioni, valori testimoniati ad esempio nei celebri film “L’albero degli zoccoli” di Ermanno Olmi e in “Novecento” di Bernardo Bertolucci. Andando indietro nel tempo, in epoca romana la dignità della figura dell’anziano era un valore condiviso nella società, soprattutto in età repubblicana dove la sua parola aveva un grande peso nelle scelte. Cicerone nel “De Senectute”, trattato scritto nel 44 a.C., si serve della figura di Catone il Vecchio per difendere le virtù della senilità, opponendosi ai luoghi comuni che la definiscono come periodo di decadenza. A partire dall’età imperiale, i poeti elegiaci guardano il tempo che passa inesorabilmente sottraendoci i piaceri e la bellezza, e la satira, come quella di Marziale, diventa caustica nei confronti di coloro che non si rassegnano alle conseguenze dell’età e si crogiolano in atteggiamenti esuberanti.

L’iconografia artistica ha sempre celebrato la bellezza, la grazia, l’armonia del corpo. Nelle scene che ritraggono la Visitazione, come quella dipinta da Giotto nella Cappella degli Scrovegni o nel gruppo Sant’Anna, la Vergine e il Bambino con l’agnellino dipinto da Leonardo da Vinci (Museo del Louvre, 1510-1513), Marta e Anna, entrambe avanti negli anni, hanno sempre un aspetto nobile che delicatamente suggerisce un età più matura. Donatello rompe questa consuetudine proponendo una Maddalena (Museo dell’Opera del Duomo, 1453-55) emaciata, consunta dall’età e dalla povertà: ossuta e sdentata  comunica il senso del riscatto cristiano nella sofferenza. Allude invece alla vanità “La vecchia” di Giorgione (Gallerie dell’Accademia a Venezia,1506), figura che regge un cartiglio con il motto “Col tempo”, e, passando per il realismo rivoluzionario di Caravaggio, notiamo come  il  pittore olandese Rembrandt van Rijn, tra i molti autoritratti che eseguì ebbe il coraggio di rappresentarsi anche nella fase meno esaltante della sua vita (Autoritratto del 1669 nel museo Mauritshuis, L’Aja), appesantito dalle rughe e incorniciato dalla canizie. La pittura del Novecento enfatizza il senso di disagio, la solitudine, il declino fisico: ne “Le tre età della donna” di Gustav Klimt (Galleria nazionale d’srte moderna di Roma,1905) l’anziana si copre gli occhi con la mano in un gesto di vergogna; Angelo Morbelli (1853-1919) offre una tematizzazione della senilità con un ciclo di opere ritraendo persone dentro ospizi. Passando ai ritratti di Lucian Freud (1922-2011), osserviamo che la forza espressionistica dell’artista indugia anche sulla crudezza di particolari di volti non più giovani.

Oggi la cura del corpo è diventata una voce attiva del marketing. “L’industria cosmetica in Italia ha un fatturato di circa 10.000 milioni di euro, di cui le sole tinture dei capelli 300”, commenta Spera. “La psicosomatica dermatologica ha da sempre sottolineato come la pelle è il territorio dove avviene la ‘superficializzazione’ di situazioni conflittuali nascoste. Sulle rughe cosiddette di espressione si cerca di agire con la tossina che ‘paralizza’ e toglie una parte della nostra mimica; altro presidio sono i filler ‘riempitivi’ che ‘spianano’ gli antiestetici solchi nel volto. C’è poi l’intervento più invasivo che è il lifting, che nella mente dell’individuo spesso viene considerato come rimedio che fissa per sempre la propria immagine. Bisogna però ricordare che la nostra fisicità è data non solo dalle fattezze morfologiche, ma anche dal complesso della mimica, della gestualità e di molte altre componenti. Pertanto ogni intervento di contrasto all’invecchiamento deve essere attuato cercando di preservare al massimo la propria identità”.

Se non è possibile ostacolare il processo naturale, possiamo affrontare con più serenità la terza età grazie ai progressi della medicina e al miglioramento dello stile di vita. “Nel 1970, l’aspettativa di vita era di 69 anni per l’uomo e di 75 per la donna. Nel 2019, prima della pandemia, eravamo arrivati rispettivamente a 81 e a 85,5; questo traguardo si deve a vari fattori, quali la netta riduzione dei fumatori, l’aumento delle persone che praticano attività fisica, la capacità di diagnosi strumentali sempre più esatte e precoci, farmaci a nostra disposizione, tecniche chirurgiche che hanno reso fattibili e più sicuri interventi che apparivano complessi o, addirittura, non praticabili”, spiega Roberto Volpe dell’Unità prevenzione e protezione del Cnr. “Certo, purtroppo, la maggiore longevità non si accompagna sempre ad anni in salute fisica e/o mentale e, anzi, facilmente si assiste a un decadimento cerebrale, come  la demenza legata a fattori di rischio, combattendo i quali possiamo provare a prevenirla. A tal riguardo, va ricordato come la Dieta mediterranea, apportando vitamine e polifenoli ad azione antiossidante, appare in grado di contrastare i danni dei radicali liberi causa di un invecchiamento patologico e, presentando un buon contenuto in acidi grassi monoinsaturi (presenti nell’olio di oliva) e in grassi omega-3 (pesce, noci), concorre al mantenimento della struttura delle membrane delle cellule nervose. Ma anche l’attività fisica è fondamentale nella terza età: anche un esercizio fisico moderato come il camminare o fare la cyclette può stimolare l’ippocampo, la struttura del cervello deputata alla memoria, e migliorarla. Pertanto, una longevità di qualità è possibile”.

Insomma, se si sopportano bene gli acciacchi dell’età, “vecchio è chi ci si sente”, per dirla con la regina di Inghilterra che a 95 anni ha rifiutato un premio per gli anziani dalla rivista britannica “The Oldie”.

Sandra Fiore

Fonte: Almanacco CNR-Focus-Vecchio a chi?

Alla ricerca dell’arte perduta

Tate e Channel4, con l’appoggio dell’Arts & Humanities Research Council britannico, hanno deciso di dare vita a un nuovo progetto culturale: raccogliere, in un’esposizione virtuale, le opere dell’arte contemporanea non più visibili, per illustrare, attraverso il tema dell’oblio, della perdita, volontaria o involontaria, il rapporto dell’arte contemporanea con il tempo


Tate e Channel4, con l’appoggio dell’Arts & Humanities Research Council britannico, hanno deciso di dare vita a un nuovo progetto culturale: raccogliere, in un’esposizione virtuale, le opere dell’arte contemporanea non più visibili, per illustrare, attraverso il tema dell’oblio, della perdita, volontaria o involontaria, il rapporto dell’arte contemporanea con il tempo. Da questa idea è nato il sito web ‘Gallery of lost art‘, sviluppato in tecnologia Flash, elegante e artisticamente molto curato.

Gallery of lost art‘ si presenta con una landing page che rappresenta un grande open space, visto dall’alto, navigabile come una mappa di Google. Una serie di aree tracciate sul pavimento circoscrive alcuni piani di lavoro, attorno ai quali si aggirano figure umane. A terra e sui tavoli sono raggruppate le immagini delle opere d’arte in base alle cause di sparizione: distrutte, rifiutate, effimere, rubate, perdute, etc.

Cliccando sull’immagine di un’opera, si accede alla sua scheda informativa: immagini, testo e contenuti multimediali. Possiamo così informarci non solo sulla scomparsa di ‘Fountain’ di Duchamp, il famoso orinatoio proposto nel 1917 alla mostra inaugurale della Society of Independent Artists di New York, diventato pilastro e simbolo del dadaismo, ma anche sulla scomparsa di opere di Frida Kahlo e Lucian Freud, e sull’incredibile furto del colossale bronzo ‘Reclining Figure’ di Henry Moore, sottratto la notte dell’1 dicembre 2005 dai giardini dell’Henry Moore Foundation, valutato circa 3 milioni di sterline, fuso dai ladri per il mero valore del bronzo.

Gallery of lost art‘ è un sito in progressivo allestimento: intende aggiungere un nuovo pezzo a settimana. Terminato il suo periodo di vita, stabilito in 12 mesi, svanirà, replicando l’oblio proprio delle forme d’arte che ospita.

In questo secolo senza più assoluti, dominato da una sempre più vistosa precarietà esistenziale, l’arte e la sua concezione intellettuale cedono sempre più a quel sentimento di provvisorietà che tutto pervade. Se l’artista, per Michaux, era colui che resiste con tutte le sue forze alla pulsione fondamentale di non lasciare tracce, questa consapevolezza viene ormai meno, e l’arte, e chi ne ragiona, pare aver ormai deciso di non persistere oltre nella difesa della perennità.

Claudio Barchesi


Gallery of lost art, Multimediale, editore Tate e Channel4