La peste di Abbate ricorda la nostra

Impossibile leggere questo romanzo senza riferirsi al contesto attuale. Il protagonista è un inventore di barzellette. Tra le pagine sono disseminati continuamente dubbi e considerazioni analoghi ai nostri di oggi


È uscito in pieno anno di pandemia il romanzo di Fulvio Abbate “La peste nuova” ed è ovviamente impossibile leggerlo senza riferirsi al contesto attuale. Il protagonista è Guido Battaglia, un inventore di barzellette: questo il suo “impiego ufficiale nel collocamento dello spettacolo tragico della città”. Il suo compito è inventare “l’ultima risolutiva salvifica” barzelletta che serva “a proteggere le città”. Ma oltre a questo personaggio, evidentemente metaforico del ruolo dell’intellettuale nella società contemporanea, se ne affacciano altri che è difficile non rimandare all’attualità, per esempio l’ufficiale sanitario che consegna “i moduli obbligatori entrati in vigore dove segnare i propri spostamenti”.

Tra le pagine sono continuamente disseminati dubbi e considerazioni a dir poco analoghi ai nostri di oggi. “Guardati intorno vedi la città quanto credi che potrà ancora reggere? Questa nuova epidemia è gigantesca incalcolabile fuori dalla portata dell’umano”. “Quanto a Dio nelle circostanze estreme mostra la propria assenza la sua non esistenza”. “Nelle settimane di peste, quando l’unica notizia accampata nei media riguardava il batterio e le possibilità di sconfiggerlo, l’attesa di un vaccino, la penuria di mascherine sterili, ammesso che queste potessero proteggere realmente le persone, insieme alla cura nel lavarsi le mani con liquidi disinfettanti”. “Anche la Procura aveva indagato su irregolarità nel ricovero di pazienti in strutture private”. “Dalla città del Vaticano direttamente dal profilo Twitter del pontefice confermarono che l’Angelus della domenica successiva si sarebbe svolto in collegamento video”. “Irresponsabili o increduli che ancora ignorano la gravità delle circostanze” e che “trovavano il tempo di immaginare alcune allegorie per nulla scientifiche della peste”. “Il pensiero degli ospedali ormai colmi di ricoverati mi ha riportato agli ultimi giorni di vita di mio padre”. Il “comunicato seguito da un tweet” della Prefettura “dove pur continuando a definire seria la situazione si accennava a tenui segnali di miglioramento” di regressione del contagio”.
In altri punti del libro si colgono invece riferimenti, più o meno espliciti, a contagi del passato. “Sul muro accanto all’ingresso della casa dove vivevo è apparso un doppio cerchio giallo segnato a spray. Il presidio medico d’intervento e valutazione dell’epidemia aveva individuato un focolaio”. “Un amico omosessuale raccontava che nei giorni più drammatici dell’Aids molti gay si ritrovavano in circolo ognuno a masturbare se stesso”. Un altro protagonista de “La peste nuova”, a proposito, è il sesso, che entra nella storia attraverso un’oggettistica da porno-shop, “i vibratori, i dildi e le protesi falliche” e profferte di scambio: “Amore interessato, è vero, ma tu in caso di buona riuscita verresti ripagato, conviene pure a te […] Ci sembra il minimo proporti la nostra scommessa dunque il destino della città è nelle tue mani”.
Più alate, letteralmente, altre figurazioni come quella di “una mousse che, spalmata sulle scapole, in poche settimane avrebbe fatto crescere le ali a ogni acquirente” dal “cuore puro, come libero, non cuore prigioniero”. Qualcuno, prendendo spunto dal preparato, “aveva proposto la costruzione di un nuovo aeroporto da dove abbandonare la città quando la situazione sarebbe precipitata definitivamente. Un’idea che certo consorzio di imprenditori privati, assenti al ritegno, accolse senza remore, dando così inizio allo spianamento di un terreno e alla messa in opera di un capannone coperto dove intrattenersi nell’attesa del peggio”.
Il romanzo nasce dalla riscrittura radicale di “La peste bis”, apparso in libreria nel gennaio 1997. L’omaggio a Camus resta intatto quale fonte di precisazione e, spiega l’autore: “Il dramma concreto quotidiano della pandemia da Covid-19, insieme agli obblighi della quarantena, dell’esilio domestico con la desertificazione del paesaggio urbano, sono stati una semplice sollecitazione”.

Marco Ferrazzoli


Fulvio Abbate, “La peste nuova”, La nave di Teseo (2020)



Denise De Santana

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