Quando la filosofia cura

Qual è la linea di demarcazione che separa il counseling filosofico dalla psicologia? Un interessante volume analizza il dibattito circa la valenza “formativa” della consulenza.

Appare curioso che un piccolo comune del litorale marchigiano, noto soprattutto come stazione di cambio, editi un volume sul counseling filosofico. E si potrebbe sospettare che, come molti altri centri della provincia italiana, Falconara Marittima abbia voluto approfittare della dilagante moda della divulgazione popolare della filosofia.

Il volume inaugura però un impegno editoriale ampio, coordinato dall’associazione L’Orecchio di Van Gogh, attiva anche in altri campi. La breve collettanea ha il merito di concentrarsi su un aspetto nodale della consulenza filosofica, quello che ancora oggi rende ‘sospetta’ tale pratica, pur in corso di veloce diffusione: il rischio che essa invada, senza averne le competenze scientifiche e quindi rischiando di produrre danni anziché vantaggi, il campo della psicologia.

In effetti, quanto il limite tra le due attività sia labile alcuni degli autori intervenuti lo confessano con molta onestà, criticando i paletti posti dagli stessi fondatori del counseling: la natura non ‘curativa’ e il porsi sempre al di qua delle situazioni patologiche.

Ma se si passa alla parte più interessante del libro, cioè l’appendice con le anamnesi di alcuni incontri, si scopre chiaramente che sia le situazioni di partenza dei pazienti (o consultanti) sia i metodi di approccio sono estremamente simili a quelli della terapia relazionale. Se differenza c’è, insomma, è rispetto alle analisi del profondo, alla freudiana in primis, che però anche nell’ambito delle psicoterapie sono ormai minoritarie, sia per le esigenze di risparmio (di tempo e denaro) manifestate dai pazienti, sia perché la impostazione ‘liberatoria’ della psicanalisi classica è ormai quasi sovvertita e sostituita da un’impostazione che privilegia la ricerca di senso, di un senso per affrontare lo smarrimento tipico della società contemporanea.

A suo modo, il contributo forse più indicativo è quello Maria Maistrini, che dichiara tranquillamente di fare uso nella propria attività di strumenti come i tarocchi. La domanda diventa dunque: se anche l’uso delle carte può avere effetti benefici, allora cosa distingue le terapie curative da quelle formative, e cosa impedisce di inserire nel calderone dalle rubriche epistolari di Natalia Aspesi e Massimo Gramellini che, ne siamo sicuri, con il loro buonsenso spesso risolvono i problemi dei loro mittenti? In tale quadro di ‘liberalizzazione’, arriverà il giorno in cui dopo aver ringraziato un amico per una chiacchierata che ci ha aiutato a stare meglio, ci vedremo presentare la parcella?

Marco Ferrazzoli

Moreno Monanari (a cura di), “La consulenza filosofica: terapia o formazione?” (Comune di Falconara Marittima, 2006)

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