La magia del Sud scoperta da De Martino
Nel 1959 l’equipe guidata dall’antropologo Ernesto De Martino raccolse interviste a donne e uomini colpiti da tarantismo, restituendo uno studio accurato e affascinante del fenomeno e delle sue ritualità.
Riletta a mezzo secolo di distanza, l’etnologia di Ernesto De Martino conserva il suo fascino intatto, se non aumentato, ma insieme denuncia la propria vetustà. Non soltanto perché l’oggetto degli studi del maestro napoletano, nel frattempo, è stato completamente stravolto, potremmo dire estirpato, ma soprattutto perché oggi sarebbe impensabile riproporre un approccio scientifico come quello adottato ne ‘La terra del rimorso’.
Il Saggiatore pubblica questo testo in una nuova edizione, arricchita da un dvd contenente la masterizzazione del disco con i commenti demartiniani, originariamente uscito in vinile, un documento sonoro realizzato da Diego Carpitella e il video dello stesso Carpitella nell’edizione restaurata del 1995. ‘La terra del rimorso’ tratta di tarantismo, particolare e misteriosa forma rituale diffusa all’epoca in Puglia, una sorta di danza che viene condotta con accompagnamento di un gruppo di suonatori, dalla motivazione apotropaica e offertoria (al finale si porta la somma raccolta ad una cappella dedicata ad un Santo). L’iter è documentato in un inserto fotografico, altro utile contributo di quest’edizione, insieme con un apparato critico aggiornato.
Rispetto ai tempi di questa “spedizione etnografica”, il Salento è cambiato non solo nella sostanza – l’evoluzione socio-economica, l’industrializzazione, il turismo, la globalizzazione… – ma anche nella stessa rappresentazione di certe tradizioni, ormai adattate (o, forse, omologate) alla società post-moderna. La taranta oggi è oggetto di un Festival ad alto richiamo turistico e costituisce, insieme con i Negramaro (intesi sia come gruppo musicale, sia come vitigno), parte dell’immagine esotica e viscerale, calda e forte che rende quest’angolo di Puglia tanto amato e visitato.
Ai tempi di De Martino, invece, questa terra e la sua religiosità venivano approcciate appunto con atteggiamento ‘etnologico’, volto a verificare i retaggi di tradizioni ancestrali, con la stessa curiosità che si dedicava allo sciamanesimo asiatico o africano. Tant’è che De Martino nella sua missione si fa accompagnare da uno psichiatra, uno psicologo, un musicologo e un sociologo: da un lato dando prova di un atteggiamento multidisciplinare intelligente e anticipatorio, almeno per l’Italia, dall’altro denotando la convinzione che talune forme di contatto con il ‘sacro’ rimandassero a un ambito nel quale si sfumano persino i contorni della sanità mentale. E comunque, il mito in questo caso viene inevitabilmente legato con le crisi reali di latrodectismo, l’avvelenamento causato da vedova nera o malmignatta: il cosiddetto ‘morso della taranta’.
Nel Salento, De Martino e i suoi vanno con la curiosità culturale di rinvenire e registrare un pezzo di “mondo magico”, confermando la permanenza nell’Occidente ‘avanzato’ di un mondo ‘altro’ rispetto a quello delle Chiese ufficiali ma a queste ricondotto: la taranta, infatti, viene in qualche modo assorbita nella ritualità cattolica. Di tale impostazione etnografica resta nel libro, sin dal sottotitolo “Contributo a una storia religiosa del Sud”, una traccia insieme valida e datata.
Marco Ferrazzoli
Ernesto De Martino, “La terra del rimorso” (Il Saggiatore, 2009)